Con il trauma subito da due valide infermiere esperte del Pronto Soccorso spezzino (la più grave delle due, dopo gli ultimi accertamenti, è stata dimessa quattro giorni dopo il trauma cranico riportato), alle colleghe va, ancora, tutta la nostra solidarietà e stima), e diminuita – ma non scomparsa- la tensione emotiva vorremmo, come Consiglio Direttivo dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche spezzino, tornare su alcune ”questioni aperte”.
Sono questioni appunto attive, che ricadono sul fenomeno aggressione, un gesto non giustificabile, sempre condannabile (le nuove normative non solo inaspriscono le pene, ma prevedono la procedibilità d’ufficio) e che, se non risolte, lo favoriscono perché è dimostrato che, nel caos e nella confusione, è più facile il verificarsi di questi gesti.
I Pronto Soccorsi sono sempre saturi di domanda di cura: ci sono moltissimi utenti, quasi sempre più di quelli che la struttura può ospitare e trattare, e questo porta a inevitabili ritardi.
Siamo naturalmente anche noi d’accordo nel chiedere una maggior presenza delle Forze dell’ordine, che hanno un potere dissuasivo: ma riteniamo che anche altri passaggi potrebbero essere efficaci, perché utili a decongestionare le situazioni critiche.
Un esempio è quello dell’accesso diretto dei pazienti agitati in Psichiatria, naturalmente dopo le opportune modifiche dell’attuale approccio, che vede oggi il transito e la sosta di questi malati in Pronto Soccorso.
Questa cosa non è una novità, si chiama in termine tecnico ”fast track”, e avviene già in molte altre realtà nazionali: questo permette di eliminare alla base i tempi di attesa all’interno del Pronto Soccorso per le consulenze, i cui tempi a volte sono significativi, e consente di far arrivare nella struttura prevista e predisposta quei malati che sono in evidente stato di agitazione psicomotoria, una volta riscontrata anche dai primi interventi del 118 la situazione.
Alcune specialità, ancora poche, sono già oggi coinvolte nel percorso di fast track anche in ASL 5, ma si può certamente fare di più: ovviamente organizzando al meglio le dotazioni, anche di personale, delle strutture di accoglienza diretta; nel caso in esame il riferimento è alla Psichiatria; non è chiaro ”perchè” una persona che ha appena spaccato le suppellettili di un bar (il nostro è un esempio qualsiasi di fatti realmente accaduti) debba attendere in PS che uno specialista psichiatra lo ”valuti”…: non potrebbero farlo in reparto, su indicazione e applicazione di procedure aziendali validate, come avviene altrove?
Vi sono poi situazioni note a tutti e sulle quali si sta di fatto lavorando (il rinforzo dell’assistenza territoriale; lo sviluppo delle COT, ecc) che però, in particolare nel fine settimana, lasciano come unica risposta alla domanda di cura e trattamento- anche infermieristico, tipo un cambio di catetere vescicale- le strutture di Pronto Soccorso.
 
E’ altrettanto necessario sviluppare al massimo la assistenza domiciliare, perché le esperienze nazionali di cure al domicilio dei malati fragili già svolte in altre ASL sette giorni su sette dimostrano (quelle friulane, o il caso mantovano, recentissimo, con dati di miglioramento veramente preziosi e importantissimi) che i malati fragili non vanno più al pronto soccorso.Se invece vi accedono per assenza di alternative, ripetono l’intero iter diagnostico e stazionano ore: con un disagio dei malati vissuto in prima persona e con tanti disagi organizzativi, con aumento dei tempi di attesa, aumento delle persone presenti, dei familiari, delle incomprensioni, delle tensioni…aumento del rischio aggressioni derivante dal caos.
E’ molto spiacevole che ritardi, e problemi di ogni genere, si traducano in crescenti difficoltà per chi lavora in prima linea al pronto soccorso, dove medici e infermieri sono presenti H24 ogni giorno e notte dell’anno.
Le evidenze scientifiche sul valore di decongestionare i pronto soccorsi esistono; sulle aggressioni i dati sono chiari e i numeri – pesanti- noti a tutti: se dal 2008 (da 16 anni!!!) esiste una Raccomandazione Ministeriale (la numero 8) su cosa fare in caso di malati aggressivi è segno che il fenomeno non è nato ieri; a questo punto va bene la solidarietà, va bene il sostegno e la stima ma servono fatti, e servono ora, perché i colpi e le botte nove volte su dieci colpiscono gli infermieri e nove volte su dieci colpiscono le infermiere donne: ora basta, grazie.
Aggiungiamo che fra le tante cose che ci sono state segnalate in questo fine settimana, si trovano anche sistemi di chiusura delle porte di accesso al pronto soccorso spezzino non attivi; quindi le porte , come ci vengono descritte, sono praticamente sempre aperte, una cosa che naturalmente non sembra in linea con il bisogno di sicurezza degli operatori e dei malati che si trovano in corso di trattamento.
Consiglio Direttivo Ordine delle Professioni Infermieristiche della Spezia
[il senso di questo intervento apparso sulla stampa regionale è stato inviato ai vertici della ASL 5 , competente per territorio, e all’Assessorato alla Sanità regionale]