Il ‘’Decreto Milleproroghe’’ ha allungato di un anno, come è ormai noto, la possibilità di acquisire i crediti necessari per ‘’colmare’’ il debito formativo dei professionisti sanitari, in relazione al complicato triennio 2020-2022.

Nonostante lo sconto formativo di un terzo per tutti; nonostante alcune agevolazioni (la FNOPI ha costruito un dossier formativo di gruppo, alcuni mesi fa, che ha ulteriormente diminuito di trenta il numero dei crediti da acquisire da parte degli iscritti) i numeri forniti da COGEAPS (il COnsorzio GEstione Anagrafe delle Professioni Sanitarie) sono piuttosto indicativi: ad esempio, solo un infermiere su due è ‘’certificabile’’ in Italia, cioè solo uno su due ha ottenuto i crediti necessari: ma anche le altre professioni sono lontane dal risultato.

Sono molte le valutazioni già fatte su questa complessa vicenda e vorrei aggiungere anche il mio personale punto di vista, che è sostenuto da un sincero interesse per la formazione: me ne occupo come professore a contratto per il corso di laurea di Infermieristica di UNIGE da anni; più precisamente ‘’dentro’’ il sistema ECM me ne occupo, perché il nostro Ordine professionale è dal 2002 provider e, a tale proposito, è indicativo il fatto che, nonostante i numerosi eventi prodotti, sia residenziali sia FAD- tutti gratuiti- anche gli iscritti del piccolo OPI spezzino non sfuggono al dato indicato: solo uno su due sono, ad oggi, quelli ”certificabili”.

Io credo che in questi anni, e particolarmente dopo la tempesta perfetta creata dalla pandemia, la questione della formazione continua in medicina in Italia (che nasce, naturalmente sostenuta dalle migliori intenzioni, con la Legge 229 del 1999) dovrebbe essere rivista: in particolare, trovo che potrebbe incentivare maggiormente i sanitari non tanto la paura di una sanzione (questione che in Italia lascia sempre le porte aperte a resistenze, rinvii, condoni, eccezioni, ricorsi, disagi assortiti per il sanzionato e per il sanzionatore), quanto un reale vantaggio per coloro che rispettano i tempi e i modi dell’aggiornamento professionale.

Il riferimento è a premi contrattuali – magari anche decentrati; o a maggiori e più diretti percorsi di crescita di carriera: insomma, più che il concetto di punizione trovo che saremmo tutti maggiormente motivati se ci fosse una sorta di premio per coloro che rispettano il programma ECM.

Fra le altre cose, oggi sia le assicurazioni dei professionisti, sia gli esperti di giurisprudenza in materia di contenziosi per malpractice professionale, hanno già iniziato a considerare se chi è coinvolto in episodi di incidenti sanitari (come professionista) ha rispettato i programmi di aggiornamento, e dunque – in un certo senso- le conseguenze per chi non ha curato la propria formazione possono purtroppo già considerarsi ‘’potenzialmente attive’’.

Si potrebbe obiettare che ogni professionista dovrebbe formarsi comunque, e senza incentivi, visti anche i dettati deontologici e gli aspetti etici del ruolo: infatti , il ‘dovere’’ di aggiornamento ritorna nei più recenti Codici Deontologici delle professioni sanitarie (due esempi : per gli infermieri, art. 10 del Codice del 2019; per i medici, art 19 Codice del 2014).

Ma, e lo confermano molte situazioni pregresse, su varie questioni, è evidente che incentivare una buona pratica permette di avere maggiori riscontri: penso, fra tutti gli esempi che ho osservato in tanti anni di impegno professionale, al progetto ‘’Mani pulite’’ della clinica Mangiagalli di Milano, dove nel 2010 un progetto riservato alla pratica del lavaggio delle mani (incentivata economicamente, e osservata attraverso la installazione di telecamere dedicate) vide la marcata diminuzione delle infezioni fra i piccoli degenti delle cure intensive; con calo della spesa per gli antibiotici che superò i costi delle incentivazioni.

A chi obiettava che lavarsi le mani era comunque un atto dovuto (e su questo siamo naturalmente tutti d’accordo, così come lo siamo sulla questione dell’aggiornamento) i sostenitori del progetto risposero che alla fine era il risultato a contare, cioè ”il raggiungimento dell’obiettivo”.

Chiuderei dicendo che potremmo provare, e poi confrontare i dati: se si supera l’attuale percentuale di certificabili, evidentemente il premio potrebbe invitare ad una ‘’maggiore attenzione e cura’’: proprio come accaduto alla Mangiagalli.

(Francesco Falli, presidente OPI La Spezia)