In certi momenti delle nostre vite, personali e professionali, la necessità di una analisi è fondamentale.

Possiamo rinviarla, o ignorarne l’urgenza: ma sarà comunque – o prima o dopo- inevitabile affrontare i contenuti di un problema, o di qualcosa che non funziona: intorno alla ‘’questione infermieristica nazionale’’ sono state spese negli ultimi decenni tante parole, da parte di tutti.

Ad un certo punto, constatato che realmente mancano infermieri – in particolare mancano nella Sanità privata, ma non solo-  sono arrivati ‘’i fatti’’: sono state varate, cioè, alcune strategie per ‘’superare’’ questa carenza.

In questo momento storico, anno 2023 dell’era cristiana, le principali novità riguardano:

a) l’allentamento del vincolo di esclusività degli infermieri pubblici dipendenti (vale per tutte le professioni indicate dalla legge 43/06, anche se la crisi riguarda soprattutto gli infermieri…), secondo i dettati del ‘’Decreto Bollette’’: opzione utile, ma che appare di non semplice applicazione pratica. La cosa buona è che, almeno, questo decreto chiama gli infermieri ‘’ a fare gli infermieri’’. Come osserveremo subito, non è un concetto così scontato.

b) la seconda novità riguarda la costruzione di molti nuovi operatori socio sanitari (oss), e la rianimazione della figura- che era già prevista dalla Conferenza Stato Regioni, sin dal Gennaio del 2003- dell’operatore socio sanitario con formazione complementare.

Figura quasi mitologica, in un contesto così poco attento che, per venti anni, lo ha definito impropriamente ‘’l’ osss con TRE ESSE’’, in diverse Regioni ha già permesso di rivedere i criteri di accreditamento delle strutture private (RSA, RPA) con riduzione del numero degli infermieri previsti e l’inserimento di questo operatore.

Quindi, siccome non si trovano infermieri, ci mettiamo l’oss con formazione complementare. Se è vero (è emerso anche nella indagine che FNOPI ha fatto nel 2022, la ‘’Consensus Conference’’) che gli stessi infermieri apprezzano un inserimento importante e governato delle figure di supporto, cosa attesa ovunque,chiaramente l’idea non è l’arrivo di queste figure ‘’al posto di’’.

c) l’ingresso di personale sanitario straniero (di ogni qualifica, ma anche in questo caso- chissà come mai- si tratta in gran parte di infermieri) che NON passa dagli Ordini professionali. In che modo? Di norma, un professionista sanitario straniero che vuole venire a lavorare in Italia deve percorrere una strada con due passaggi fondamentali: dapprima, il riconoscimento del titolo (a cura del competente ufficio del Ministero della Salute) poichè i percorsi formativi sono spesso differenti dai nostri; quindi – avuto questo ”okay”- si reca presso l’Ordine che lo riguarda, nella Provincia dove intende vivere o esercitare, per sostenere un esame che valuti la sua conoscenza della lingua italiana.

Dal 17 Marzo 2020, per decreto del Governo Conte II, questi due ‘’accertamenti’’ non sono più necessari, né lo è – per questi operatori stranieri- la iscrizione all’Albo professionale; nessuno valuta il titolo, né la conoscenza della lingua italiana; entrano ‘’in deroga’’ nel mondo del lavoro, con le conferme di quel decreto approvate dal Governo Draghi prima e dal Governo Meloni poi (fino al 31.12.2025): ma non era finita la pandemia? Sì, ma non è risolta la emergenza infermieri, perciò si conferma questa ‘’deroga’’, altrimenti molte RSA- in particolare in alcune Regioni- chiuderebbero stasera.

Con buona pace, naturalmente, delle regole di sicurezza: qualsiasi testo o contributo scientifico sul Risk Management ci racconta che la prima causa di errore in Sanità è la comunicazione (e lo è fra operatori della stessa nazionalità, o che parlano la stessa lingua); quindi qui la questione non è quella di voler ‘’per forza’’ iscrivere questi operatori all’OPI: la questione è, semplicemente, di sicurezza, sia per gli assistiti, sia per gli stessi operatori che agiscono in un Paese straniero, dove non conoscono bene la lingua, con difficoltà a comprendere questioni piuttosto importanti, dai dosaggi di farmaco alle richieste dell’assistito.

Si possono aggiungere a questi tre ‘’ capitoli’’ della strategia di governo della emergenza infermieristica altre questioni, come i nuovi passaggi del CCNL del Pubblico che vanno a riconoscere qualche emolumento in più a chi lavora in pronto soccorso, e qualche sconto sugli anni di lavoro per chi opera nel settore dell’emergenza. Tutte cose che sembrano ancora poco ‘’attraenti’’ per invitare un giovane a scegliere di fare l’infermiere.

Poiché chi scrive- purtroppo- c’era già, il pensiero va al 1990, quando di fronte alla prima ‘’crisi delle vocazioni’’ (come veniva chiamata allora, con una definizione francamente un po’ discutibile) il Ministro della Sanità Francesco De Lorenzo – in contrasto col collega del Bilancio, che non gradiva- aumentò ‘’motu proprio’’ le retribuzioni degli infermieri del tempo di un buon 30% netto; ed introdusse un presalario a favore degli studenti del corso regionale: in tutta Italia ci fu la esplosione delle iscrizioni. La piccola scuola spezzina, che aveva due sezioni da trenta studenti, passò a sette sezioni, e i giovani in formazione salirono da 60 a 210; stessa cosa in tutta Italia, ovviamente.

Oggi, a quanto pare, le condizioni per ripetere quell’exploit non ci sono più; ma al tempo stesso le strategie che ho descritte sembrano piuttosto lacunose in termini di attrattività; i giovani infatti chiedono non solo retribuzioni più interessanti (e rispondenti all’impegno, gravoso) ma anche la possibilità di sviluppi e percorsi di carriera che oggi sono piuttosto limitati, anche se sono cresciute senz’altro le esperienze di infermieri che sono dirigenti di strutture o di dipartimento.

Purtroppo molte rigidità- ad esempio, la natura stessa dei rapporti contrattuali nelle Pubbliche Amministrazioni- ed una notevole miopia della Politica hanno oggi condotto la questione infermieristica ad un punto critico, dove – per portare un esempio concreto- abbiamo il DM 77 che introduce – finalmente!- a ogni effetto la figura di un professionista specializzato (infermiere di famiglia e comunità) ma in molte Aziende è impossibile ridestinare gli infermieri dalle degenze ospedaliere a questa attività.

Il numero assoluto degli infermieri iscritti agli Ordini è, per la prima volta, in saldo negativo e la questione non è più oggi sulla esistenza del numero chiuso universitario: infatti, in due macro Regioni (Nord Ovest e Nord Est) le domande per l’Anno Accademico 2022-2023 sono per diversi Atenei inferiori ai posti disponibili (dati forniti da Angelo Mastrillo, vedi panoramasanita.it) ; ecco alcuni esempi: Pavia ha avuto 202 domande per 291 posti a disposizione; Varese 171/249, Novara 353/404; Trieste vede 177 domande per 180 posti; Verona 801/914 posti; ma in negativo sono andate anche Ferrara, con 340 domande per 444 posti disponibili ; Firenze 575/600 posti; Siena 202/239; Perugia 364/462…sì, il numero totale vede ancora diversi aspiranti esclusi, ma il rapporto domande per posti a disposizione è 1,3 (‘’una domanda virgola tre’’ per ogni posto disponibile a bando) , mentre quello per il CdL di Fisioterapia è di 7,6 ; per Ostetricia 5,8 e Logopedia vede un 4,1.

La mia sensazione è che i provvedimenti assunti non aumenteranno l’attrattività verso la professione: anzi.

E infine, dato che gli Ordini nascono soprattutto per assicurare al cittadino determinati standard di qualità, vorrei rimarcare che scegliere gli infermieri (certo, non tutti, ma alcuni di loro, quelli accreditati, quelli capaci ”ed in grado di”) per sciogliere almeno in parte alcuni nodi cruciali del SSN, sarebbe cosa ottima PER TUTTI: penso agli ambulatori dei codici bianchi in un PS; penso alle cure domiciliari organizzate dagli stessi; penso a servizi sul territorio in grado di dare risposte ai cittadini (”infermiere di quartiere”, ”infermiere scolastico”); ma forse siamo su un piano di disturbo per altre posizioni consolidate.

Mi scuso per condividere questa amarezza, senza altro imminente segnale di speranza, ma questo è ciò che dovevo testimoniare, per quella che è ormai la mia quarantennale esperienza.                                                                                          Grazie a tutti. Francesco Falli