ME NE DEVO OCCUPARE, OPPURE NO

Una premessa: la cosa più faticosa e difficile di tutta la mia esperienza professionale è stata (ed è) cercare di alzare il più possibile la considerazione nei confronti di ciò che sono e siamo; una sfida che ho sempre visto e vissuto come strategica e propedeutica, per cercare di avere tutti i giusti e necessari riconoscimenti del caso.

Nel ruolo di presidente di Ordine la cosa mi è sempre sembrata obbligata, ma anche giusta e doverosa.

Detto questo, e assolutamente senza assumere alcun ruolo giudicante, offro alla Vostra attenzione una ‘’cronaca’’ e poche parole in più.

Spero che i commenti restino agganciati all’episodio: perché mi sembra piuttosto necessario, utile ed importante condividere anche il punto di vista di tanti, e non solo il mio!

Cominciamo con una lettera giunta alla mia attenzione, eccola…

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Gentile dottor Falli,

mi rivolgo a Lei perché da attenta lettrice delle cose che riguardano la nostra comunità, ho apprezzato la costante volontà di spiegare sui giornali locali, a noi cittadini, il ruolo degli infermieri, e per me che ho sempre vissuto in un altro settore (attività economiche legate al porto mercantile) è stato un buon aiuto per capire l’importanza di questa vostra figura.   Avevo in realtà una vecchia zia, di Genova, che mi ripeteva spesso che sono gli infermieri a gestire davvero gli ospedali (lei era una di quelle prime infermiere diplomate, e ce lo ripeteva di continuo) ma io ero giovane, e non mi curavo molto di queste cose.

In sostanza, scrivo per raccontare una esperienza che mi ha lasciato almeno perplessa: la mia mamma (sorella della mia citata zia, e quindi vecchissima) è finita dalla RSA dove vive da qualche tempo in… (nome del reparto: omissis).  Lì giunta, sono riuscita a entrare, grazie anche all’interessamento di tutti, ma quando sono arrivata al letto della mamma ho subito notato una bocca in brutte condizioni ed in particolare le labbra, screpolate al punto di essere quasi spaccate.

So che i farmaci possono dare queste antipatiche complicanze; e anche il fatto che la mamma da sola può far poco per la sua cura, di certo peggiora le cose. Ho così descritto il problema ad una giovane infermiera in servizio, convinta di avere una risposta immediata: mi ha sorpreso (non deluso, ma sorpreso) la replica alla mia richiesta di intervento: ‘’… ma non è un mio compito. Dovrebbe sentire l’oss, che è la signora che vede laggiù…’’

Allora mi sono rivolta all’oss , che mi ha detto di avere provato a fare qualcosa, ma la mamma – tenendo la bocca chiusa in modo serrato- non collaborava e quindi non era stato fatto nulla.  Ora, io non mi sto lamentando con lei: la mamma dopo due giorni è tornata in RSA, dove la questione della bocca è stata affrontata subito e risolta dalle infermiere che conosce bene.

Ho subito pensato al fatto che, se gli infermieri sono così importanti e, come giustamente proprio Lei ha tante volte sottolineato, è alta la importanza della figura e gravi le conseguenze del fatto che mancano così tanti infermieri in Italia, io penso che anche un problema come questo (che crea certamente disagio alla persona ricoverata) dovrebbe appartenere alle questioni gestite dagli infermieri: o devono occuparsi solo di terapia? Non credo.

La ringrazio sin da ora per una risposta, e un cordiale saluto da (omissis)


Ho ringraziato la signora per le parole relative allo sforzo comunicativo: cosa che mi ha fatto piacere; mentre ci sono colleghi che non sono in grado di trovare la nostra mail o l’indirizzo della sede, e che ci scrivono chiedendo a che ora apre il colleggio (due G) – segno di assoluta impenetrabilità dei nostri continui comunicati e spazi social, siti, lettere, servizio di newsletter, piccioni viaggiatori…- questa cittadina ci segue, e apprezza come comunichiamo!

A lei ho cercato di spiegare che purtroppo la questione delle competenze è un po’ complessa, al punto che molti non sono più in grado di sapere cosa dovrebbero effettivamente fare, e nemmeno di spiegarlo; e che la colpa è un po’ di tutti: ha responsabilità la formazione; ne ha molte la organizzazione; naturalmente sono responsabili alcune figure di riferimento; infine – anche- esiste una responsabilità del professionista stesso.

Mi rendo conto che posso apparire pedante ma si deve , per forza, partire dai riferimenti normativi.

Che sono quelli che ho sentito io, con le mie orecchie, ricordare in Tribunale dagli avvocati e soprattutto nei contenuti delle sentenze dei giudici, nelle mie esperienze di consulente, o di testimone: quindi evidentemente contano.

Prendiamo il ‘’profilo professionale’’ (DM 739/1994): ‘’…l’infermiere è il responsabile della assistenza infermieristica generale…’’ qui la lettura completa: https://www.fnopi.it/wp-content/uploads/2019/10/DM-739-94.pdf

Ora, lo stesso regolamento ministeriale (che noi chiamiamo tutti ‘’profilo’’) dice che un infermiere può avvalersi ‘’…ove necessario, dell’opera del personale di supporto ’’.

Perfetto. Quindi, due sono i punti fermi che stiamo verificando: io infermiere sono IL RESPONSABILE DELL’ASSISTENZA GENERALE e , quando necessario, mi posso avvalere dell’attività di un operatore di supporto.

Ora vorrei esaminare le fasi del processo di nursing che io preferisco definire in lingua nazionale: il processo di assistenza.

Che inizia SEMPRE con la fase dell’accertamento. Seguono, quindi, quelle della diagnosi infermieristica, della pianificazione, della attuazione e infine della valutazione.

Può sembrare banale, ma anche il gesto assistenziale più semplice vede questi passaggi, anche un aiuto a bere un bicchier d’acqua (valuto che il malato possa bere, valuto come, ecc)

Ora, quando la signora si è rivolta a questa infermiera e ha descritto la situazione delle labbra della madre, è ovvio che l’azione da fare era solo una, peraltro non molto difficile: quella di andare a dare un’occhiata; e solo dopo avere ‘’presa visione’’ del problema, fare la successiva pianificazione dell’intervento, compresa una eventuale (dipende) attribuzione dell’attività all’operatore socio sanitario.

Se questo è un caso di ‘’demansionamento ’’, francamente credo che ci sia qualche equivoco sul concetto stesso.

Intendo solo dire che se oggi io fossi in corsia, e uno mi chiama perché la mamma ha le labbra spaccate, per prima cosa vado a vedere di che cosa si tratta.

Mi pare che sia questa l’essenza della presa in carico e della responsabilità professionale: poi, ci possono e ci devono essere cose che posso serenamente attribuire all’oss; ma vorrei comunque avere una idea completa della situazione assistenziale: anche perché del processo di attribuzione a queste figure mi resta –anche- la valutazione del risultato; cercare di capire come è andata; perchè non posso semplicemente dire ‘’non mi riguarda ’’.

Certamente non devo essere il controllore o ‘’l’investigatore’’ dell’oss, o marcarlo come un terzino delle squadre che giocano ”a uomo”; ma deve esistere una logica anche nel team, sostenuta prima di tutto dal sapere ‘’chi fa che cosa ’’ e quali responsabilità ho io Infermiere nel complesso delle attività.

Come sappiamo tutti benissimo, a rendere ancora più difficile una situazione che ‘’è nata complicata’’ (il ‘’profilo’’ dell’oss -Conferenza Stato Regioni 22.2.2001- è quanto di più ‘’incerto’’ avrebbero potuto produrre all’epoca ) nella Azienda sanitaria spezzina la questione oss è semplicemente esplosa in tutta la sua drammaticità e complessità in questo 2022, dopo anni di quotidiane difficoltà assortite, e le ricadute sono evidenti, e adesso inevitabilmente lunghi i tempi per superare la situazione critica che si è creata.

Ma, se non ho neppure chiare le idee di ‘’chi sono io’’ e di cosa mi riguarda, la questione può solo aggrovigliarsi ancora.

Un caro saluto a tutti

(F.Falli)