Attenzione alla “manutenzione ” della PEC…

PER UN UTILIZZO SENSATO DELLA PEC…

Ancora sulla gestione del proprio ”domicilio digitale” o casella PEC.

Perchè ci ripetiamo?

Perchè anche se forse non sempre è chiaro, l’obiettivo di questo OPI è (anche) quello di fornire un servizio in termini di conoscenza, di informazione, di comunicazione.

E poi, perchè ci capita di notare come alcune caselle PEC di iscritti, che ci sono state comunicate precedentemente dagli stessi, risultino disattivate (ritornano indietro, per capirci, le nostre comunicazioni).

Ora, le nostre comunicazioni sono molto poche via PEC e , se uno è regolare nel versamento delle quote annuali (come avviene con il 90% degli iscritti, grazie) riceve solo l’avviso dell’assemblea annuale.

Usiamo la PEC anche in relazione agli avvisi di mancato pagamento ma, a parte questo, vogliamo ricordare che NON E’ OPI CHE CHIEDE LA PEC, ma una precisa Legge dello Stato, più volte ricordata: la L. 120 del 2020 (Governo Conte II) che andava a rendere definitivo un percorso legislativo iniziato ben 12 anni prima.

In sintesi, TUTTI quelli che sono dentro un albo professionale (notai, farmacisti e geometri compresi) devono avere un domicilio digitale (PEC).

Perchè? Sicuramente, la norma è stata prodotta per rendere più facilmente rintracciabili intanto questi cittadini, in attesa di avere per ogni cittadino un contatto ”certificato”.
Per portare un esempio molto concreto, sono già molti i Comuni che hanno scelto di spedire una sanzione per infrazione stradale ad un automobilista ”via PEC”.

Questi enti verificano se a quel nominativo corrisponde una PEC (facilmente rintracciabile per loro sul portale INI-PEC, perchè queste PEC sono ”pubbliche”).

Se esiste, e la inviano, resta in mano a quell’ente una ”ricevuta di avvenuta consegna” che equivale ad aver spedita una raccomandata con ricevuta di ritorno e…ad avere subito in mano la ricevuta!

A quel punto, se il titolare della PEC non apre mai la PEC stessa; se perde la password, se lascia scadere il dominio, è un bel guaio: ma lo è per questo titolare, e per nessun’altro.
Perchè la multa, come sappiamo, passato un certo periodo aumenta, poi raddoppia, poi triplica…e via così.  Ora: noi, cari colleghi, NON c’entriamo nulla con la gestione delle PEC dei professionisti, ovviamente nemmeno con quella che attivate con noi gratuitamente; siete VOI i titolari di username e password, e siete solo VOI che potete aprirla.

Ve lo ricordiamo perchè abbiamo avuto la comunicazione di casi piuttosto incredibili (incluso un sanitario- non nostro- che non ha potuto vendere la sua auto, perchè da due anni era sottoposta a fermo amministrativo, dopo una multa notificata via PEC per divieto di sosta, salita a due o tremila euro, di cui nemmeno aveva immaginato la esistenza); casi tutti nati dalla incuria nei confronti di questa casella che, ci teniamo tanto a dirvelo, per noi è stata solo una inevitabile e fastidiosissima incombenza ulteriore: ne avremmo fatto tanto, ma tanto volentieri a meno, credeteci.

Ma, naturalmente, non si può fare a meno di seguire l’obbligo della norma.

E, forse, se siete arrivati fin qua, avete chiaro per CHI è un problema, se quella PEC non funziona o non viene letta; di certo, non lo è per l’OPI…che non è certo il solo che potrebbe usarla per scrivervi: anzi.

PS: qui uno dei molti articoli che ”confermano” quanto sopra indicato.

https://www.postel.it/postelblog/multe-via-pec-blog

Chiudiamo, ricordando una cosa che ancora non tutti notano, eppure sul sito è scritta chiaramente; quando usate la vostra PEC, se volete che sia letto il vostro messaggio DOVETE inviare alla nostra PEC: laspezia@cert.ordine-opi.it

Se invece, dalla vostra PEC, scrivete alla nostra mail ”normale” (segreteria@opi.laspezia.it), non c’è alcuna certezza di lettura da parte nostra, per molti motivi tecnici assortiti; quindi usate sempre ”PEC su PEC” e ”mail normale su mail normale”…

 

In direzione opposta e contraria a qualità e sicurezza: bocciati, ma ripescati

Dalla Regione Veneto giunge una nuova ”botta” alla qualità e alla sicurezza delle cure prestate: è di questi giorni la notizia infatti che (riprendiamo dal sito headtopics.com, uno dei pochi che- ma questa è una ulteriore questione- non ha confuso ”oss” con ”infermieri”):

…Bocciato, ma ripescato. In Veneto si può. E poco importa se si tratta del settore sensibile e vitale della Sanità. E degli anziani. La Regione guidata da Luca Zaia concede una seconda possibilità ai corsisti bocciati nei concorsi per diventare operatori sociosanitari (oss) nelle case di riposo. La carenza di figure professionali specifiche ha fatto prendere alla giunta regionale una decisione drastica, per ovviare alla mancanza nelle 351 strutture (32.510 posti letto) di 3.500 operatori sociosanitari, oltre a 2mila infermieri. Verrà infatti creata una corsia preferenziale, dando una chance in più a chi il titolo non è riuscito a guadagnarselo sul campo. Un anno in meno. Anziché dover ripetere l’intero ciclo di lezioni, come accadeva finora, gli oss potranno partecipare a una sessione di recupero per rifare l’esame”.

Dopo questa notizia siamo stati raggiunti da alcune informazioni relative anche alla Regione Liguria, dove da tempo un oss bocciato ai corsi di formazione autorizzati dalla Regione, si può serenamente ripresentare, come ”privatista”, anche infinite volte, presso altre sedi rispetto a quella in cui ha frequentato il corso: così ci spiega uno dei referenti delle realtà che formano oss nella nostra bella, ma curiosa, Regione.

Altrettanto avviene in altre realtà regionali, dall’Emilia (due tentativi se bocciati alla prima); Molise, Abruzzo e Sicilia, molto simile quest’ultima alla Liguria.

Che dire?

INTANTO, PRECISIAMO UNA VOLTA PER TUTTE CHE QUESTO ORDINE E’ A FAVORE DEL GIUSTO INSERIMENTO DI OPERATORI SOCIO SANITARI nella Sanità, sia essa pubblica o privata, per molti motivi validi, compreso quello di poter così permettere agli Infermieri di svolgere le più complesse attività sul paziente, senza ulteriori azioni ”distraenti”, azioni che possono essere invece attribuite a questa figura preziosa nel settore assistenziale; e proprio perchè l’oss esiste dal 2001 (Conferenza Stato Regioni, 22 Febbraio).

Quindi, i nostri frequenti interventi non sono MAI contro gli oss: sono CONTRO un certo modo di gestirli, sono CONTRO coloro che pensano che siano figure interscambiabili con gli Infermieri, sono interventi CONTRO chi propone di mettere due oss dove prima c’erano uno, od addirittura due, Infermieri. I nostri sono interventi contrari a ogni forma di sanatoria, perchè le riteniamo penalizzanti per l’intero sistema sanitario, sempre: purtroppo però – vivendo in Italia- ci esponiamo facilmente a essere poco compresi noi ma, soprattutto, a subìre queste derive, di volta in volta giustificate dal fatto che, ”siccome manca personale”, si prospetta questa scelta che è, e lo capirebbe anche uno che nella vita si occupa (ma beato lui, o lei) di botanica o resistenza dei metalli, SEMPLICEMENTE UNA SCELTA PERICOLOSA IN TERMINI DI QUALITA’ E DI SICUREZZA DELLE CURE PRESTATE.

Un Paese – il nostro- che non impara dai propri errori è destinato a ripeterli, in un loop interminabile.

”Assistente per la salute”, una figura che nasce col copia & incolla, favorendo il caos

FENOMENI, E DOVE TROVARNE… ecco a voi la nuova figura dell’assistente per la salute!
Oggi parliamo della proposta di legge dell’onorevole De Palma sull’assistente di salute, la nuova figura che dovrebbe, nell’intenzione del politico, produrre alcuni vantaggi: se avete avuta l’occasione di leggere quanto viene proposto, si resta piuttosto perplessi.
L’onorevole propone questioni piuttosto strane, ambigue e certamente – nella migliore delle ipotesi- avremmo sviluppata soprattutto, ed alla ennesima potenza, tutta quella confusione che appare spesso fra le parti, nei ventuno anni di vita del rapporto professionisti sanitari- operatori di supporto.
Ma, rispetto a questa proposta di legge, il testo della Conferenza Stato Regioni del 22.2.2001, che pure non è certo perfetto, e ha favorito in parte queste incertezze, appare come il Vangelo contro un block notes cascato in una pozzanghera.
Da una prima, rapida lettura del testo allegato si evidenziano subito aspetti di palese criticità.
Siamo in sintonia solo con l’incipit del documento, quando il deputato De Palma afferma che ”…serve un univoco ed omogeneo percorso formativo sull’intero territorio nazionale per un innovato profilo professionale”.
Se a questo punto l’onorevole avesse suggerita la …rianimazione della defunta figura dell’infermiere generico, copiando i riferimenti del datato DPR 225 del 1974 – titolo V, peraltro mai abrogato- avrebbe sicuramente fatto cosa più utile alla causa, e soprattutto molto meno ambigua del testo proposto: lo avremmo applaudito e sostenuto.
Ma QUESTA proposta è perfino più confusa (non era semplice, ma l’onorevole ci riesce bene) del testo della Conferenza Stato Regioni citato.
Scriviamo queste righe NON per esclusiva difesa corporativa della professione, che peraltro rivendichiamo; ma soprattutto per evitare una ulteriore confusione nei rapporti professionisti sanitari- operatori di supporto.
Per una rapida condivisione, ecco i punti più critici di questa proposta:
Pagina 3: Art 1 comma b): ”svolgere tutte le funzioni infermieristiche di PRIMO LIVELLO”.
Commento: ma quali sarebbero, le funzioni infermieristiche di primo livello?
Pagina 4. Art 3: le aree di attività dell’assistente per la salute.
(Tutto l’articolo 3 è curioso, almeno, perchè indica solo pochi settori).
Commento: per quale motivo NON sono citate l’area chirurgica e l’area medica, oltre ad altri settori specialistici? Perché non sono comprese nel progetto che vede una figura, a dire dell’onorevole, indispensabile?
Certo: il comma 1 e) demanda alle Regioni la individuazione di ulteriori aree, ma viste le recenti esperienze di ”fughe in avanti” sul tema ”nuove figure” offerte da alcune Regioni, poi sanzionate da varie sentenze TAR, forse è meglio far chiarezza sin da subito.
Onorevole, mi consenta: prevenire è meglio di curare, dia retta.
Art. 11. Istituzione dell’Ordine professionale.
Mah, sicuramente c’è una straordinaria necessità di un albo professionale per il personale di supporto, viste le tante segnalazioni di titoli farlocchi.
Però, forse è meglio partire da un ”Collegio”, considerando che per decenni a noi professionisti sanitari è stato spiegato che il Collegio era riservato alle professioni diplomate, e l’Ordine alle sole professioni laureate, mentre qui siamo, mi pare, fermi come titolo di accesso alla formazione alla scuola dell’obbligo, o no?
Ma veniamo adesso alla strepitosa natura dell’allegato B, che risulta facilmente frutto di un qualche copia e incolla che solerti collaboratori dell’onorevole hanno composto: leggiamo queste frasi, riferite alla nuova figura
”…identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi…”
e, ancora: ”…pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico”..
Scusate, onorevole e tutti i vari stakeholders: ma questo è – parola per parola- il contenuto dell’articolo 1, comma 3, punti b) e c) del DM 739 del 14.9.1994, o ”profilo professionale” dell’Infermiere.
Sicuramente gli estensori del testo hanno scritto su Google ‘’infermiere- responsabilità’’, si è aperto il nostro ‘’profilo’’ e hanno deciso che era perfetto per questo personaggio…ma di cosa stiamo parlando?
Non pare, a questo politico, che ci sia già abbastanza confusione in essere OGGI, su questi argomenti affrontati? Vi immaginate in una corsia un infermiere e un assistente di salute che hanno addirittura le stesse responsabilità su chi deve pianificare, gestire e valutare l’intervento infermieristico?
Parafrasando Totò, nel suo viaggio in treno con l’Onorevole Trombetta: ”…ma mi faccia il piacere”!!
Se queste sono le proposte, andiamo bene…
Grazie per la Vostra attenzione estiva, cordiali saluti a tutti

Dati evidenti: ma allora perchè non si parte davvero? Infermieri di Famiglia, svolta fondamentale nel SSN

COME GIÀ EVIDENZIATO ANNI FA NELLE REALTÀ FRIULANE di Latisana e Palmanova, ecco un ulteriore dato che evidenzia con chiarissima forza il risultato, atteso, della efficacia degli #infermieri di Famiglia e Comunità.

Molti accessi in ospedale sono impropri e possono essere gestiti in alternativa a casa del paziente: naturalmente serve una rete organizzata, come la esperienza di Mantova qua conferma, senza alcun tema di smentita.
Inutile continuare a studiare strategie per  i Pronto Soccorsi nazionali, che dovrebbero certamente essere sempre sostenuti e governati al massimo per accogliere (come era un tempo) i casi d’urgenza, e non i dolori cronici da lombosciatalgia da sei mesi (non di rado, viste le lunghe attese, sono anche coloro più predisposti di altri a lamentele e aggressioni…ma le attese, in questi casi, sono inevitabili!)

Se riusciremo a impedire che i tanti casi impropri accedano ai PS, offrendo una valida alternativa (vedi articolo) ecco la svolta vera sulla questione acutissima delle strutture di PS italiane.

Mentre le resistenze in essere, sullo sviluppo serio ed articolato di questo fronte organizzativo (quello degli Infermieri di Famiglia e di Comunità) sono assurde ed incomprensibili e fanno male ai cittadini, colpendoli due volte: impedendo cure domiciliari di livello, durature nel tempo; e sprecando i denari pubblici, ossia quelli di tutti noi contribuenti.

 

Nel ”Borgo Incantato” a Bolano il talento dei colleghi Infermieri

Grazie di cuore per la presenza nelle due giornate a Bolano, alla Festa del Borgo Incantato, ai colleghi che trovate elencati in questo ”riassunto” dei nostri giornali on line, che ringraziamo per la attenzione dimostrata:
Anche sul canale @Twitter di FNOPI è stata ripresa e rilanciata la notizia, con una di queste foto allegate…
Nonostante gli Ordini siano sempre più ”soffocati” da imposizioni burocratiche ed amministrative (rivolte agli Ordini stessi, che non di rado ”devono” rigirarle ai colleghi iscritti) noi qui a Spezia cerchiamo sempre di ”fare cose diverse” e, fin che ce le lasceranno fare, di dimostrare -anche con queste iniziative- il valore degli Infermieri (ed ”il talento”, come ricordava il poster che era vicino alla postazione, in piazza, a Bolano).
Naturalmente, perchè questo sia credibile e fattibile servono colleghi, appunto, di talento e di qualità.
Tutti voi che, a vario titolo, avete preso parte alle giornate di Bolano, o direttamente effettuando le manovre salva vita, oppure organizzando la presenza e la partecipazione degli altri,  siete stati più che mai all’altezza e -soprattutto- avete fatto ”bene” a tutti noi, a tutta la categoria, ed alla ”famiglia” professionale che, lo sappiamo bene, fatica a essere spesso ”identificata”, con tutte le sue piene prerogative e caratteristiche.
Fra queste, una che dovremmo sempre esercitare, perchè è pienamente nostra, perchè è citata nel nostro ” profilo ” (DM 739/94), perchè ci appartiene davvero, è la educazione sanitaria.
Vi ringraziamo seriamente di cuore, ed anche con commozione, perchè non sempre riusciamo a spiegare il nostro ruolo di Ordine, che cerca di essere (al di là delle pesanti obbligazioni amministrative) qualcosa ”di utile”, e che può dare una mano, un aiuto a noi tutti.
Per riuscirci, però, in occasioni come questa, è preziosissima ed indispensabile la disponibilità di colleghi come voi.
Il Direttivo- OPI La Spezia
(…che include anche tre delle partecipanti, naturalmente!)

Una questione di sicurezza (per tutti) non capita, non compresa, non raccolta

Il nostro presidente, Francesco Falli, è tornato ancora una volta su una questione che da un pò di tempo sembra decisamente preoccupante (e, al riguardo, non mancano testimonianze da parte di operatori e cittadini).

Il riferimento è alla possibilità di inserire in servizio in Italia professionisti sanitari stranieri senza i passaggi di verifica su titolo e conoscenza della lingua italiana, passaggi che erano previsti da molti anni: questo avviene oggi in forza di decreti emergenziali ”pandemici”, emessi nel Marzo 2020 dal Governo Conte II, e confermati dai Governi Draghi e Meloni (quest’ultimo, ha prorogato la validità del decreto fino al 31 dicembre del 2025).

Ovviamente non vi è alcuna preclusione, come spiega bene Falli nel testo, all’arrivo di stranieri in Italia per esercitare una qualsiasi professione sanitaria, quella di infermiere compresa: dal 2000, il nostro OPI ha inserito 55 infermieri di Paesi esteri comunitari , e 39 di Paesi non comunitari: TUTTI HANNO SUPERATO LE PREVISTE PROCEDURE al riguardo (riconoscimento del titolo e verifica della conoscenza della lingua italiana); ma oggi queste verifiche, SICCOME MANCANO INFERMIERI, non si fanno più, e questo è CERTAMENTE UN PASSAGGIO POCO SICURO PER TUTTI.

Se gli Ordini devono esistere per certificare i professionisti che offrono le loro prestazioni e la loro competenza ai cittadini, chi verifica coloro che -NON passando più dagli Ordini- non sono iscritti, nè sottoposti alle regole dell’ordinistica (a partire dalle procedure di accesso, sempre seguite ”in tempi normali”) ?

Qui il link: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=115112

 

 

 

Infermieri, una stagione amara per tutti

In certi momenti delle nostre vite, personali e professionali, la necessità di una analisi è fondamentale.

Possiamo rinviarla, o ignorarne l’urgenza: ma sarà comunque – o prima o dopo- inevitabile affrontare i contenuti di un problema, o di qualcosa che non funziona: intorno alla ‘’questione infermieristica nazionale’’ sono state spese negli ultimi decenni tante parole, da parte di tutti.

Ad un certo punto, constatato che realmente mancano infermieri – in particolare mancano nella Sanità privata, ma non solo-  sono arrivati ‘’i fatti’’: sono state varate, cioè, alcune strategie per ‘’superare’’ questa carenza.

In questo momento storico, anno 2023 dell’era cristiana, le principali novità riguardano:

a) l’allentamento del vincolo di esclusività degli infermieri pubblici dipendenti (vale per tutte le professioni indicate dalla legge 43/06, anche se la crisi riguarda soprattutto gli infermieri…), secondo i dettati del ‘’Decreto Bollette’’: opzione utile, ma che appare di non semplice applicazione pratica. La cosa buona è che, almeno, questo decreto chiama gli infermieri ‘’ a fare gli infermieri’’. Come osserveremo subito, non è un concetto così scontato.

b) la seconda novità riguarda la costruzione di molti nuovi operatori socio sanitari (oss), e la rianimazione della figura- che era già prevista dalla Conferenza Stato Regioni, sin dal Gennaio del 2003- dell’operatore socio sanitario con formazione complementare.

Figura quasi mitologica, in un contesto così poco attento che, per venti anni, lo ha definito impropriamente ‘’l’ osss con TRE ESSE’’, in diverse Regioni ha già permesso di rivedere i criteri di accreditamento delle strutture private (RSA, RPA) con riduzione del numero degli infermieri previsti e l’inserimento di questo operatore.

Quindi, siccome non si trovano infermieri, ci mettiamo l’oss con formazione complementare. Se è vero (è emerso anche nella indagine che FNOPI ha fatto nel 2022, la ‘’Consensus Conference’’) che gli stessi infermieri apprezzano un inserimento importante e governato delle figure di supporto, cosa attesa ovunque,chiaramente l’idea non è l’arrivo di queste figure ‘’al posto di’’.

c) l’ingresso di personale sanitario straniero (di ogni qualifica, ma anche in questo caso- chissà come mai- si tratta in gran parte di infermieri) che NON passa dagli Ordini professionali. In che modo? Di norma, un professionista sanitario straniero che vuole venire a lavorare in Italia deve percorrere una strada con due passaggi fondamentali: dapprima, il riconoscimento del titolo (a cura del competente ufficio del Ministero della Salute) poichè i percorsi formativi sono spesso differenti dai nostri; quindi – avuto questo ”okay”- si reca presso l’Ordine che lo riguarda, nella Provincia dove intende vivere o esercitare, per sostenere un esame che valuti la sua conoscenza della lingua italiana.

Dal 17 Marzo 2020, per decreto del Governo Conte II, questi due ‘’accertamenti’’ non sono più necessari, né lo è – per questi operatori stranieri- la iscrizione all’Albo professionale; nessuno valuta il titolo, né la conoscenza della lingua italiana; entrano ‘’in deroga’’ nel mondo del lavoro, con le conferme di quel decreto approvate dal Governo Draghi prima e dal Governo Meloni poi (fino al 31.12.2025): ma non era finita la pandemia? Sì, ma non è risolta la emergenza infermieri, perciò si conferma questa ‘’deroga’’, altrimenti molte RSA- in particolare in alcune Regioni- chiuderebbero stasera.

Con buona pace, naturalmente, delle regole di sicurezza: qualsiasi testo o contributo scientifico sul Risk Management ci racconta che la prima causa di errore in Sanità è la comunicazione (e lo è fra operatori della stessa nazionalità, o che parlano la stessa lingua); quindi qui la questione non è quella di voler ‘’per forza’’ iscrivere questi operatori all’OPI: la questione è, semplicemente, di sicurezza, sia per gli assistiti, sia per gli stessi operatori che agiscono in un Paese straniero, dove non conoscono bene la lingua, con difficoltà a comprendere questioni piuttosto importanti, dai dosaggi di farmaco alle richieste dell’assistito.

Si possono aggiungere a questi tre ‘’ capitoli’’ della strategia di governo della emergenza infermieristica altre questioni, come i nuovi passaggi del CCNL del Pubblico che vanno a riconoscere qualche emolumento in più a chi lavora in pronto soccorso, e qualche sconto sugli anni di lavoro per chi opera nel settore dell’emergenza. Tutte cose che sembrano ancora poco ‘’attraenti’’ per invitare un giovane a scegliere di fare l’infermiere.

Poiché chi scrive- purtroppo- c’era già, il pensiero va al 1990, quando di fronte alla prima ‘’crisi delle vocazioni’’ (come veniva chiamata allora, con una definizione francamente un po’ discutibile) il Ministro della Sanità Francesco De Lorenzo – in contrasto col collega del Bilancio, che non gradiva- aumentò ‘’motu proprio’’ le retribuzioni degli infermieri del tempo di un buon 30% netto; ed introdusse un presalario a favore degli studenti del corso regionale: in tutta Italia ci fu la esplosione delle iscrizioni. La piccola scuola spezzina, che aveva due sezioni da trenta studenti, passò a sette sezioni, e i giovani in formazione salirono da 60 a 210; stessa cosa in tutta Italia, ovviamente.

Oggi, a quanto pare, le condizioni per ripetere quell’exploit non ci sono più; ma al tempo stesso le strategie che ho descritte sembrano piuttosto lacunose in termini di attrattività; i giovani infatti chiedono non solo retribuzioni più interessanti (e rispondenti all’impegno, gravoso) ma anche la possibilità di sviluppi e percorsi di carriera che oggi sono piuttosto limitati, anche se sono cresciute senz’altro le esperienze di infermieri che sono dirigenti di strutture o di dipartimento.

Purtroppo molte rigidità- ad esempio, la natura stessa dei rapporti contrattuali nelle Pubbliche Amministrazioni- ed una notevole miopia della Politica hanno oggi condotto la questione infermieristica ad un punto critico, dove – per portare un esempio concreto- abbiamo il DM 77 che introduce – finalmente!- a ogni effetto la figura di un professionista specializzato (infermiere di famiglia e comunità) ma in molte Aziende è impossibile ridestinare gli infermieri dalle degenze ospedaliere a questa attività.

Il numero assoluto degli infermieri iscritti agli Ordini è, per la prima volta, in saldo negativo e la questione non è più oggi sulla esistenza del numero chiuso universitario: infatti, in due macro Regioni (Nord Ovest e Nord Est) le domande per l’Anno Accademico 2022-2023 sono per diversi Atenei inferiori ai posti disponibili (dati forniti da Angelo Mastrillo, vedi panoramasanita.it) ; ecco alcuni esempi: Pavia ha avuto 202 domande per 291 posti a disposizione; Varese 171/249, Novara 353/404; Trieste vede 177 domande per 180 posti; Verona 801/914 posti; ma in negativo sono andate anche Ferrara, con 340 domande per 444 posti disponibili ; Firenze 575/600 posti; Siena 202/239; Perugia 364/462…sì, il numero totale vede ancora diversi aspiranti esclusi, ma il rapporto domande per posti a disposizione è 1,3 (‘’una domanda virgola tre’’ per ogni posto disponibile a bando) , mentre quello per il CdL di Fisioterapia è di 7,6 ; per Ostetricia 5,8 e Logopedia vede un 4,1.

La mia sensazione è che i provvedimenti assunti non aumenteranno l’attrattività verso la professione: anzi.

E infine, dato che gli Ordini nascono soprattutto per assicurare al cittadino determinati standard di qualità, vorrei rimarcare che scegliere gli infermieri (certo, non tutti, ma alcuni di loro, quelli accreditati, quelli capaci ”ed in grado di”) per sciogliere almeno in parte alcuni nodi cruciali del SSN, sarebbe cosa ottima PER TUTTI: penso agli ambulatori dei codici bianchi in un PS; penso alle cure domiciliari organizzate dagli stessi; penso a servizi sul territorio in grado di dare risposte ai cittadini (”infermiere di quartiere”, ”infermiere scolastico”); ma forse siamo su un piano di disturbo per altre posizioni consolidate.

Mi scuso per condividere questa amarezza, senza altro imminente segnale di speranza, ma questo è ciò che dovevo testimoniare, per quella che è ormai la mia quarantennale esperienza.                                                                                          Grazie a tutti. Francesco Falli

 

 

 

 

 

Il valore delle statistiche non è mai assoluto

Nei giorni scorsi un interessante lavoro statistico de ”Il Sole 24 Ore” ha utilizzato dodici indicatori, per comprendere se una Provincia assicura servizi adeguati agli anziani che risiedono in quel territorio.

Il dato include, fra i 12 items, anche la presenza degli Infermieri iscritti all’OPI di quella Provincia: a livello nazionale, al primo posto si trova Foggia (per questo solo indicatore) e secondi…siamo noi, i primi del Settentrione.

Ma il numero ”nudo e crudo” emerso dalla inchiesta appare un pò fuorviante, in particolare considerando che da certi settori (Sanità privata, ad esempio) ogni giorno qualche struttura ci contatta, perchè non hanno Infermieri nei numeri necessari per poter procedere con le ferie, ad esempio, del personale.

Quindi, ecco un contributo del nostro presidente a ristabilire un pò di questioni OLTRE i freddi numeri: visto che chi è iscritto qui e lavora altrove, evidentemente i nostri anziani nemmeno li incontra…ma incontrerà quelli di un differente contesto territoriale e sociale; nella nostra realtà questo dato è piuttosto importante, considerando che sono diverse centinaia i colleghi iscritti all’OPI della Spezia- ove risiedono- che lavorano in altre realtà (e molti di loro stanno attendendo il completamento dei percorsi di mobilità, o sperano comunque di rientrare alla prima occasione utile).

Un aspetto che aiuta a capire la ”relatività” del dato è questo: siamo professionisti in un territorio di confine, con la Toscana a pochissimi chilometri, e per chi abita in Liguria -vicino al confine della Regione- è del tutto normale lavorare – ed a pochi km da casa-  in una realtà sanitaria toscana.

https://www.cittadellaspezia.com/?p=498926

OPI – Ordine Professioni Infermieristiche La Spezia

Ente di diritto pubblico non economico, organo sussidiario dello Stato (L. 3/2018)

Aperto al pubblico:

PRIMO Mercoledì del mese, ore 08.30-12.30
TUTTI i Giovedì del mese, ore 15.00-18.00

CHIUSO se questi giorni sono prefestivi e festivi
CHIUSO nei giorni della fiera di S.Giuseppe a Marzo
CHIUSO dal 1 al 20 Agosto

Possibilità di concordare incontri in altri giorni, solo tramite richiesta all’Indirizzo Email: segreteria@opi.laspezia.it


Recapiti:

Telefono: 0187 575177
Solo VERE URGENZE: 3516613426 (dal Lunedì al Venerdì, ore 10.00-13.00)

Indirizzo Email: segreteria@opi.laspezia.it
Indirizzo Email PEC: laspezia@cert.ordine-opi.it

ATTENZIONE, NON INVIARE “PEC” ALL’ INDIRIZZO DI POSTA ”NORMALE”: NON E’ POSSIBILE LEGGERLE CORRETTAMENTE E NON HANNO VALORE LEGALE. Se si vuole inviare una PEC, si deve scrivere all’indirizzo di PEC: grazie!

Indirizzo Uffici: Via P.E. Taviani 52, traversa di Via Fontevivo (La Spezia)

PER INVIARE RACCOMANDATE/PACCHI/POSTA TRACCIATA, scrivere al seguente indirizzo: “Per OPI LA SPEZIA, presso AUTUM Srl, Via Carpenino 43 – 19121 La Spezia”


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